
La recente assegnazione di un premio importante a un libro pubblicato da un editore a pagamento solleva una questione che il mondo editoriale non può più ignorare. Serve trasparenza. Serve selezione. Serve un’etica comune.
Editoria a pagamento, una piaga del settore. Ogni anno, in Italia, vengono assegnati centinaia di premi letterari. Alcuni sono piccoli ma sinceri. Altri sono riconosciuti a livello nazionale e distribuiscono premi economici importanti, visibilità mediatica, attenzione di pubblico e stampa.
Sono occasioni preziose, soprattutto per autori emergenti e per l’editoria indipendente, che trova spesso in questi riconoscimenti uno dei pochi strumenti di legittimazione.
Ma cosa succede quando un libro pubblicato da un editore a pagamento viene premiato accanto a opere selezionate e sostenute da editori che investono realmente in scrittura, scouting e qualità editoriale?
Succede – è accaduto lo scorso novembre, e anche un anno prima con un altro concorso – e nessuno sembra farci caso.
Il fatto: un caso emblematico, ma non isolato
Durante l’edizione 2024 di un importante premio letterario nazionale, un’opera pubblicata dal più noto editore a pagamento italiano è stata inclusa tra i vincitori. Non c’è nulla di illegale. Ma c’è molto che non va.
Chi conosce il settore editoriale sa che l’editoria a pagamento non è editoria: è servizio tipografico travestito da selezione culturale. Chiede soldi agli autori per stampare libri, raramente effettua un vero editing, e distribuisce poco o nulla. È una macchina che alimenta speranze e raccoglie bonifici.
Non seleziona, non rischia, non investe.
Quindi: cosa ci fa accanto a chi invece lo fa ogni giorno, con serietà, con fatica, con coerenza?
Il problema: una filiera che non distingue più
Premi, fiere, spazi pubblici, rubriche giornalistiche. L’editoria a pagamento viaggia accanto all’editoria vera, spesso indisturbata.
E il problema non è (solo) morale. È strutturale:
- confonde il pubblico, che non distingue più chi pubblica per merito da chi paga per essere pubblicato;
- illude migliaia di scrittori esordienti, che pensano basti pagare per diventare autori;
- svilisce il lavoro delle case editrici che credono davvero nei testi e negli autori.
La responsabilità: premi e giurie devono scegliere da che parte stare
Non chiediamo censure. Chiediamo criteri chiari.
Chiediamo che ogni premio letterario serio si doti di:
- una dichiarazione etica, che escluda opere pubblicate da editori a pagamento;
- una verifica trasparente delle modalità di pubblicazione;
- una selezione che premi il merito, non il marketing né l’inganno editoriale.
I premi possono essere un baluardo culturale, o una passerella per chi ha pagato abbastanza. È una scelta.
La posizione di 256 Edizioni
256 Edizioni è una piccola casa editrice indipendente. Non pubblichiamo a pagamento. Non chiediamo contributi. Rifiutiamo ogni forma di editoria ibrida che si presenti come selettiva ma agisca come vanity press.
Continueremo a partecipare ai premi che rispettano il lavoro degli editori e degli autori.
E continueremo a denunciare, ogni volta che sarà necessario, la normalizzazione dell’editoria a pagamento nei contesti dove invece dovrebbe prevalere la qualità.
La responsabilità di cambiare è collettiva.
La trasparenza è l’unica strada per restituire credibilità al mondo letterario.